È morto Franco Ladu, ma a Oristano il suo Clipper vivrà per sempre

Titolare del bar di via Carpaccio con la moglie Graziella

Il bar Clipper di Oristano – immagine da Google

Mercoledì, 10 gennaio 2024

Ieri sera quando si è diffusa la notizia della morte a Oristano di un pensionato trovato in casa privo di vita in tanti hanno commentato pensando all’ennesimo dramma della solitudine. Ma non è così. Franco Ladu, 66 anni, sì, è morto solo, nella sua casa di via Toniolo. In quella casa tornava spesso, però, quando non risiedeva a Cagliari, dove vive un figlio.

A Oristano era arrivato dal suo paese, Ollolai. E a Oristano era legato da una storia forte, quella della sua vita, quella del suo bar, il Clipper. Franco lo aveva fatto nascere con la moglie Graziella, originaria di Gavoi. Negli anni Novanta il Clipper era un simbolo. In via Carpaccio quel locale aveva portato l’aria dei pub inglesi. Bastava aprire la porta d’ingresso alla sera per averne conferma: una nuvola di fumo ti avvolgeva e tu entravi in quello che per tanti giovani, ora magari padri di famiglia, era la magia della spensieratezza.

“Era più che un ritrovo, una base di partenza”, ricorda Antonio Pinna, amministratore del Gruppo Facebook “Oristano la città che vorrei…”. “Su quelle panche, sugli sgabelloni, quanti amori sono nati”.

Si tirava sino a tardi, tra birra e coca cola. Amici, ma anche litigate. Dentro, tutti stipati. Fuori, il piazzale di via Carpaccio sino alla mezzanotte era strapieno di motorini e auto.

Per tanti alla sera un appuntamento immancabile. E per tanti altri al mattino un altro appuntamento d’obbligo. L’ora delle colazioni, dell’aperitivo o del caffè. Il Clipper si popolava di affermati professionisti ed esercenti, impiegati, imprenditori. Spesso era luogo di incontro per un appuntamento di affari.

Al pomeriggio inoltrato capitava di trovarci spesso mezzo Consiglio provinciale: pochi minuti prima in aula sonore litigate dai banchi della maggioranza e dell’opposizione e pochi minuti dopo tutti assieme a parlare di calcio davanti a un bicchiere di birra.

Graziella e Franco spesso erano partecipi. Dietro il bancone, una sigaretta dopo l’altra, ovviamente.

È andata avanti così a lungo. Poi i ragazzi sono cresciuti. Le serrande del Clipper alla sera hanno cominciato ad abbassarsi poco dopo il tramonto, ma Graziella e Franco sempre lì. Sino a quando, negli anni più recenti, Franco si è ammalato. Graziella è andata avanti da sola. Franco è guarito ed è rientrato al bancone del bar, ma dopo è stata Graziella ad ammalarsi, e in pochi mesi il male l’ha portata via, il giorno prima di Natale del 2017. Franco ha risollevato ancora la serranda, ha cercato poi chi potesse proseguire la storia del Clipper, non ci è riuscito e si è dovuto arrendere. Chiusura e pensione.

Quasi quattro anni fa l’imprenditrice Gemma Matzuzzi ha deciso di trasferire il suo bar Frida nello storico locale di via Carpaccio, portando nuove idee e aprendo anche ai pasti caldi. Si chiama Frida al Clipper. Perché il Clipper non muore mai, almeno nei ricordi di chi lo ha vissuto.

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