A Oristano mancano i seminaristi. Mai così pochi in più di 300 anni

Anche quest'anno nessun iscritto alle scuole superiori

Il seminario di Oristano

Venerdì, 21 ottobre 2022

Per il secondo anno di fila, il seminario arcivescovile di Oristano non ha neanche un seminarista che frequenti le scuole superiori: in oltre 300 anni di storia non era mai capitato. Secolarizzazione, denatalità, crisi vocazionale: sono tante le possibili concause che segnano oggi un solco tra il passato recente e l’attualità.

“Abbiamo tre ragazzi al seminario maggiore, che frequentano l’università a Cagliari”, ha detto il rettore del seminario arcivescovile di Oristano, don Alessandro Floris. “Iscritti al seminario minore invece non ce ne sono. Stiamo facendo il possibile, a partire dagli incontri di preghiera. Ci stiamo muovendo anche per fare qualche incontro pre-seminario”.

“Il nostro seminario è in piedi da oltre 300 anni”, ha proseguito don Floris, “col passare del tempo le vocazioni sono sempre meno. Basti pensare che quando ero studente io, negli anni Novanta, eravamo 35, mentre due anni fa i ragazzi erano appena quattro”.

Manca dunque il ricambio generazionale e si alza l’età media dei sacerdoti. “Le parrocchie dell’arcidiocesi arborense sono 85”, ha detto ancora il rettore del seminario, “di sacerdoti oggi ce ne saranno 65-70, tra cui tanti anziani. Siamo meno e per questa ragione abbiamo anche più incarichi. Io stesso devo dividermi fra tre incarichi. Una soluzione è senz’altro aprirci di più ai laici e responsabilizzarli all’interno delle parrocchie”.

“Bisognerà pensare cosa fare di questa struttura”, ha concluso don Alessandro Floris, “chiaramente la nostra priorità è l’arrivo di nuovi seminaristi. Perché la vita in seminario è bellissima, è un’opportunità di confronto, riflessione, e non mancano pure i momenti di gioco. È quel tempo in cui il ragazzo capisce qual è davvero la sua strada. Chi entra in seminario non diventa per forza sacerdote. Ci sono ragazzi che sono oggi medici, insegnanti o altro ancora, e ricordano con piacere gli anni trascorsi qui”.

11 Commenti

  1. anche io ho frequentato i gesuiti a Cagliari e sono sempre rimasto legato alla Santa Chiesa con opere di carità per gli ultimi… Tipo Oftal Caritas con cui opero sempre per puro spirito di cuore ❤

  2. Questi sono i frutti dell’albero.
    Da quando la Chiesa docente ha iniziato a seguire il mondo invece che Cristo, ha perso la Fede, disperdendo il Gregge.
    I giovani sono attratti dalle altezze, non dalla mediocrità!
    Come può essere attraente la vita Sacerdotale oggi trasformata in mera assistenza sociale? E che dire poi degli ordini religiosi dove si sono abbandonate l’ascesi, la penitenza e persino la preghiera?
    Le vocazioni non nascono dalla pastorale giovanile o dalle attività, ma dalla Santa Messa, dall’adorazione Eucaristica, dal Rosario e dalle grandi testimonianze dei Santi!

    • Hai pienamente ragione. Sononi frutti del progressismo del Concilio Vaticano Secondo.
      La cosa drammatica è che i preti sono quasi contenti del disastro che hanno provocato. La nuova Messa di Paolo VI ha fatto perdere la fede cattolica a tre generazioni di fedeli e le prime vittime sono i preti che non credono più a nulla

  3. I preti dovrebbero tornare a fare i preti e lasciare l’organizzazione ai laici che lo fanno di mestiere. Un sacerdote cosa ne sa di gestione contabile? Perché deve impararla? Il sacerdote deve pensare alla sua vocazione, alla preghiera ed all’annuncio: “guai a me se non annunciassi il Vangelo” 1 Cor 9

  4. L’annuncio del Vangelo secondo me avviene tramite la testimonianza più che attraverso le parole. Gesù viveva con la gente e condivideva la loro vita. Il seminario deve essere solo un momento nella formazione del sacerdote.

  5. Dopo più di 3500 anni è scomparsa la religione degli antichi Egizi, quella Olimpica greco-romana ha avuto grande successo per secoli ed è poi sparita… nulla è eterno nella cultura umana: tempo un paio di secoli e anche il Cristianesimo diventerà un ricordo del passato… Questa crisi delle vocazioni è uno dei tanti segni di questa irreversibile decadenza. L’umanità continua a evolvere e la sua cultura la segue e la scienza – basata sui suoi molti dubbi ma anche sulle certezze delle conoscenze acquisite – sarà comunque vincente. A far guarire dal cancro o da una “banale” polmonite sono i farmaci chemioterapici o gli antibiotici e non i santini nel portafoglio o una medaglietta benedetta, a farci mettere assieme il pranzo con la cena è il nostro lavoro dal lunedì alla venerdì e non la messa della domenica. Se nel mio piccolo faccio beneficenza lo faccio per profonda solidarietà umana (che è vera e reale) e non per guadagnarmi un posto in paradiso (che non esiste). Di un ormai inutile seminario o di un convento deserto fatene musei, biblioteche, centri culturali, luoghi di ricerca e i nostri eredi ce ne saranno sicuramente (più) riconoscenti.

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