Scuole ed emergenza covid: “Situazione invivibile”. Parte lo sciopero, comincia lo Scientifico

Annunciata una protesta provinciale

Giovedì, 22 ottobre 2020

Studenti in sciopero da domani al Liceo Scientifico di Oristano. Protestanoe contro la situazione che definiscono “invivibile”, all’interno dell’istituto e sul fronte dei trasporti, in riferimento alle norme anti covid.

“Abbiamo in programma di restare tutti a casa e formulare un documento in cui elenchiamo tutte le motivazioni per cui stiamo scioperando”, spiega la rappresentante degli studenti, che annuncia l’intenzione di estendere la protesta a livello provinciale: “Ho sentito i rappresentanti degli altri istituti con cui faremo una riunione e decideremo il da farsi”.

Studenti nella stazione Arst
Studenti sul bus
Studenti all’ingresso di scuola
Studenti all’interno della scuola

3 Commenti

  1. Avete diritto a scioperare, ma quello che non torna è che scioperate per qualcosa di giusto, però allo stesso tempo state tutti ammassati senza mascherina fuori dalla scuola, ai palazzi Saia, alle fermate dei bus, di notte in centro storico.
    Ma non sarebbe il caso di riattivare la DAD, seriamente però, con obbligo di presenza, interrogazioni, note, sospensioni, voti e tutto quello che si fa in aula. Forse così iniziate a ritirarvi dalla strada e forse anche i contagi in famiglia iniziano a diminuire. Ah dimenticavo lo scambio di sigarette, questa è geniale contro il Covid

  2. Qui si vede tutta la miopia (intesa come l’incapacità di vedere i problemi nel loro insieme), l’incapacità di programmare e progettare, la mancanza del buon senso, sia a livello nazionale (ministero della istruzione, ministero delle infrastrutture e trasporti, ministero della salute, ministero della economia, protezione civile, commissario all’emergenza covid-19, parlamento italiano, parlamenti regionali e via discorrendo).
    Non conosco la situazione nel nord Italia, ma credo che la situazione del centro-sud non sia molto diversa da quella della Sardegna. Ebbene, in Sardegna e almeno nel centro-sud si sapeva da tempo (per quanto ci riguarda da inizio pandemia) che qualunque ipotesi di riapertura delle scuole – naturalmente nelle condizioni minime di sicurezza stabilite dai “cosiddetti esperti” – avrebbe dovuto affrontare e risolvere alcuni problemi strutturali: mancanza di aule di dimensioni adeguate (per assicurare il distanziamento prescritto dagli stessi “esperti”), mancanza di banchi (problema legato alla mancanza di aule di adeguate dimensioni, di cui sopra), inadeguatezza dei mezzi di trasporto (problemi da risolvere: distanziamento e tempi di percorrenza, numero e frequenza dei mezzi di trasporto), mancanza di personale nella scuola.
    Ora tutti questi politici ed esperti superpagati hanno “partorito” le seguenti soluzioni:
    1) acquisto di banchi singoli per centinaia di milioni (forse miliardi) di euro, banchi che presumibilmente arriveranno quando non serviranno più (il fatto che siano prodotti all’estero, in queste condizioni di crisi e economica, non sarebbe nemmeno un fatto secondario);
    2) riduzione del riempimento dei mezzi pubblici (soluzione assolutamente inefficace, come si vede tutti i giorni, ma soprattutto con la conseguenza di “lasciare a terra” numerosi ragazzi, sia all’andata che al ritorno, con pesanti ripercussioni sia sulla didattica che sulle famiglie);
    3) impossibilità di utilizzare i laboratori e le aule speciali (occupate dalle classi più numerose per le normali lezioni);
    4) concorsi pubblici per il reclutamento degli insegnanti tenuti in condizioni di dubbia sicurezza (per i trasferimenti di candidati da una regione all’altra, per l’affollamento delle aule in cui si svolgono le prove etc).
    In definitiva, sembra che il virus si fosse già impadronito da molti mesi delle menti di politici ed esperti. Con un pochino di buon senso, da marzo ad oggi, in regioni come la nostra ed in province come Oristano si sarebbe potuto: indiduare e riaprire – in centri ” di comprensorio” come Terralba, Mogoro, Ales, Riola, Cabras, Cuglieri etc – fabbricati scolastici chiusi da anni (naturalmente quelli più idonei, previa imbiancatura, pulizia e adeguamento degli impianti, lavori che si sarebbero potuti fare tranquillamente durante l’estate, dando lavoro alle imprese locali), ospitare nei medesimi fabbricati classi o corsi interi dei diversi istituti superiori oristanesi.
    Credo che con questo avrebbero risolto in blocco il problema delle aule, il problema dei banchi, il problema dei trasporti. Sarebbe restato il problema non trascurabile degli insegnanti e del personale a tutti i livelli: i soldi risparmiati dai banchi si sarebbero potuti utilizzare per assumere il personale mancante (piuttosto che pagare loro il reddito di cittadinanza o altre forme di sussidio per stare a casa), per dare dei modesti incentivi (diciamo un contributo per ilcarburante) agli insegnanti, per ripulire e restituire alle cittadinanze edifici che, a fine emergenza, potrebbero essere utilizzati dalle collettività per altri usi socialmente rilevanti.
    Fantascienza?

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