Chiusura delle piscine, la Fin sarda accusa: “Pugnalati alle spalle dal Governo”

L'appello del comitato regionale: "Necessarie nuove misure a sostegno dei gestori degli impianti"

Vasche vuote: la protesta di alcuni nuotatori sassaresi – foto FIN Sardegna

Sabato, 31 ottobre 2020

Anche il mondo del nuoto è in agitazione dopo la chiusura delle piscine imposta dal Governo con l’ultimo decreto. Per non mandare a fondo l’intero settore, il presidente regionale della Fin, Danilo Russu, rilancia le richieste dei gestori privati degli impianti sardi: accesso facilitato al credito e un sostegno a fondo perduto per coprire gli investimenti richiesti dall’attuazione dei rigidi protocolli di sicurezza.

Le manifestazioni di protesta di Cagliari e Sassari nei giorni scorsi hanno coinvolto gli addetti ai lavori e gli appassionati del nuoto, ai quali non è piaciuto il “fuori dalle vasche”. La chiusura fino al 24 novembre, scrive in una nota la FIN sarda, causerà una perdita in Italia calcolata attorno ai quattro miliardi di euro.

“I Nas e altri enti di controllo hanno posto sotto osservazione duecento poli natatori indoor e nessuno di essi si è rivelato fuori norma”, sottolinea il presidente Russu. “Anzi, in molti casi gli osservatori speciali si sono complimentati per l’ottimo lavoro di prevenzione svolto”.

“Siamo stati pugnalati alle spalle da uno Stato che stenta a capire quali siano i vantaggi psico-fisici che l’accesso ad una piscina può generare”, commenta ancora amareggiato Russu.

“La Regione ha mostrato grande sensibilità la scorsa estate, venendoci incontro con un importante sostegno economico”, prosegue il presidente della Fin, “ma purtroppo, alla luce di ciò che stiamo vivendo, non è più sufficiente”.

Già a fine estate gli imprenditori e le società sportive che gestiscono le piscine avevano fatto uno sforzo economico per adeguare le strutture alle normative anticontagio. “I costi sono ulteriormente aumentati per la sanificazione, ripetuta più volte al giorno, di armadietti e panche”, precisa Russu. E fino al giorno della chiusura, sottolinea ancora la FIN, si erano registrate perdite nelle rette mensili di circa il 50%.

Da tutta Italia si fa pressione anche attraverso Agisi, l’associazione che riunisce i gestori degli impianti sportivi italiani. La lista delle richieste comprende la proroga delle gestioni, la riduzione degli affitti, l’estensione del bonus collaboratori, l’annullamento di utenze, tributi e moratorie per tutto il periodo dell’emergenza, un fondo a sostegno della riduzione degli incassi, un bonus wellness per la ripresa e l’estensione dell’ecobonus 110% a tutta la struttura.

“Il nostro mondo ha rispettato le regole, anche perché se soltanto uno avesse sbagliato tutti ne starebbero pagando le conseguenze”, conclude il presidente Danilo Russu, “ma a quanto pare siamo caduti ugualmente nel girone infernale”.

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