Vita da volontario su due ruote. Tra lavoro e passioni, Gianni Mameli si racconta

Iscritto all'associazione Prociv Arci di Oristano, parla della sua esperienza anche durante il periodo della pandemia

Gianni Mameli

Ingegnere ambientale sulla carta, esperto informatico di professione e volontario in bicicletta nel tempo libero. Gianni Mameli, 47 anni, di Oristano ma con radici a Gavoi, racconta tra una passione e l’altra come si è avvicinato al mondo del volontariato con l’associazione oristanese Prociv Arci.

Per lavoro si occupa di informatica: “Sono ingegnere ambientale”, racconta Gianni Mameli, “ma appena conclusi gli studi ho deciso di cambiare indirizzo e specializzarmi in informatica. Da allora lavoro in questo settore come libero professionista, docente e collaboratore per terzi”. Un impegno fra tanti: curare per i Tenores di Neoneli il sito internet, dalla grafica e alle fotografie. In effetti, il suo lavoro unisce anche una delle sue passioni: la fotografia e la la comunicazione a tutto tondo. Spazio poi allo sport, perché Gianni pratica, in maniera dilettantisica, anche il ciclismo su strada.

Bici, comunicazione e intraprendenza hanno portato una svolta: “Alla soglia dei 40 anni, magari un po’ tardi, mi sono avvicinato al mondo del volontariato”, racconta Mameli. “Come spesso accade, sono stato invitato da un amico ad iscrivermi ad un’associazione della Protezione civile. Per curiosità ho accettato, anche se con qualche iniziale diffidenza”.

Diffidenza svanita da un pezzo, perché da quel giorno sono passati ormai sette anni e Gianni Mameli continua a dedicare una parte del suo tempo libero a “una cosa buona e giusta”: fare il volontario. “Iscrivermi alla Prociv Arci di Oristano”, spiega, “è sicuramente una delle scelte più sensate che abbia fatto finora nella mia vita”.

Volontari della Prociv Arci di Oristano. In foto, il terzo a destra, Gianni Mameli

Vocazione? No. “Chi pensa che far parte di un’associazione di volontariato sia frutto di una vocazione sbaglia di grosso”, dice Mameli. “Per quanto mi riguarda, è semplicemente un dovere civile e morale offrire qualche ora la settimana alla comunità, a chi ti sta vicino, a chi ha bisogno in generale”. Alla convinzione generale di molti che sia impossibile coniugare lavoro, famiglia e volontariato, Gianni risponde deciso: “Posso assicurare che non è così. La maggior parte delle persone che dicono ‘io non ho tempo’ sono le stesse che buttano via tante ore preziose durante la giornata. Stranamente, i volontari che operano sul territorio hanno anche loro un lavoro, una famiglia, praticano sport, studiano, hanno i propri hobby, tanti amici, seguono l’attività politica e sono iscritti ad associazioni culturali”.

Il tempo c’è e si può trovare: per Gianni Mameli è solo una questione di priorità e di interessi personali. Un’altra convinzione diffusa è che il volontariato sia un lavoro. “Non lo è”, ribatte Gianni Mameli. “Tutti i volontari di qualunque associazione sanno benissimo che non siamo pagati da nessuno. Si fa tanta confusione in merito, non siamo volontari per una missione all’estero dell’Esercito Italiano, non siamo stipendiati dal Ministero della Difesa o dell’Interno. E non siamo pagati dalla Protezione civile regionale né nazionale”.

Nel caso della Prociv Arci di Oristano, per iscriversi è necessario pagare una quota socio annuale e quei soldi servono a coprire l’assicurazione personale. Sono previsti sì dei rimborsi spese, l’associazione – come probabilmente anche tante altre simili nel territorio – può usare una sede di proprietà del Comune, ha diritto a contributi regionali e nazionali per acquistare mezzi, attrezzature e dispositivi di protezione, ma fondamentalmente vive di autosostegno e donazioni.

Ma al di là di questo, nessuna paga o retribuzione è prevista, se non il sorriso delle persone che i volontari aiutano. Ed è qui che arriva il bello del lavoro da volontario. “La cosa più gratificante”, racconta Gianni Mameli, “è senza ombra di dubbio il grazie sincero che ti dice la gente quando hai finito il servizio e ti saluta. Quella parola magica ti ripaga sempre delle ore in cui sei rimasto in piedi dietro una transenna, o dopo che hai eseguito la misurazione della temperatura col termoscanner a centinaia di persone, o dopo che hai portato un farmaco o una mascherina o un pasto caldo ad un anziano solo in casa”.

“Un volontario poi viene formato continuamente”, prosegue Gianni, “vengono rilasciati attestati e qualifiche che soprattutto un giovane può
spendere nel mondo del lavoro o far valere come crediti formativi in ambito scolastico. E poi, non certo ultimo come importanza, c’è lo spirito di aggregazione e di condivisione che si viene a creare all’interno di una nuova famiglia di volontari”.

Consiglio quasi scontato, quindi, ai giovani: “Avvicinatevi a una qualsiasi organizzazione di volontariato. Imparerete tanto”, spiega Gianni, “in termini di esperienza, sicurezza, responsabilità, maturità e autostima. Ogni nuovo volontario si sentirà importante, nel suo piccolo: una goccia preziosa per gli altri. Vedrà con i propri occhi quanta gente è sola, in condizione di necessità, e capirà quanto siamo fortunati. Credetemi, le cose che ho elencato sono pura verità”.

Nell’immaginario della gente, il volontario è visto spesso in contesti estremi o critici, impegnato a spalare il fango o a scavare a mani nude dopo un crollo o una frana per cercare un disperso. “Questo succede molto raramente”, racconta sempre Gianni, “molto più probabilmente e realisticamente siamo quelli che con i guanti ed il caschetto montano una tenda per il triage al pronto soccorso dell’ospedale locale”.

“Bisogna sfatare il luogo comune che il volontario di protezione civile sia il super-eroe che interviene solo in caso di calamità. Tantissimi volontari operano in maniera anonima ogni giorno, non necessariamente per assistere un ferito, ma più semplicemente per trasportare un anziano o un malato a fare una radiografia nell’ospedale più vicino. Non sempre per spegnere un incendio, ma il più delle volte per fare prevenzione e operare come vedetta”.

Il consiglio quindi è quello di non mitizzare la figura del volontariato, in questo caso di protezione civile: si rischia di allontanare le persone, anziché incentivarle a provare un percorso di crescita forse poco conosciuto.

Consegna mascherine in bici. In foto Gianni Mameli

Anche il mondo del volontariato, come tutti i settori, ha i suoi aspetti negativi e le sue criticità. “Non è tutto a colori come le nostre divise”, conferma Gianni Mameli, “A titolo di esempio, posso dire che ho dovuto fare una guerra personale affinché fosse consentita la consegna delle mascherine a domicilio durante il periodo di lockdown per mezzo di una bicicletta e non dell’auto”. Ed ecco che torna il mezzo a due ruote, una delle passioni del volontario oristanese.

“La risposta alla mia richiesta era sempre la stessa: non è previsto, è troppo pericoloso. Eppure ci arriva anche un bambino: fermarsi ogni cento metri in città con l’auto, cercare parcheggio e poi partire per la prossima destinazione era solo spreco di tempo e di carburante”. La determinazione però ha portato Gianni a trovare comunque una soluzione. “Ho eliminato i presunti pericoli: dopo aver sostituito i pedalini a sgancio rapido con quelli tradizionali, dotato la mia bici da corsa di catarifrangenti e campanello, garantito l’uso del casco, non potevano più dirmi di no. Così, ho iniziato la distribuzione. Ma vietato pubblicare una fotografia in divisa durante il servizio: come se stessi commettendo un illecito”.

Daniele Rosano, Gianni Mameli (al centro) e Bebbo Porcheddu

Seconda battaglia vinta. “Ho pubblicato sui social”, racconta Gianni Mameli, “una foto che mi ritrae mentre corro per la città con lo zainetto carico di mascherine. La foto è stata condivisa sul profilo ufficiale Instagram della Cinelli, la marca della mia bici. Poi Daniele Rosano ha montato un video nel quale io e Bebbo Porcheddu, un altro collega volontario, consegnamo le mascherine alle famiglie, e viene intervistato il nostro presidente, Raffaele Erbì. Questo video è stato trasmesso prima su Rai3 e successivamente sulle reti nazionali Mediaset. La settimana successiva”, commenta soddisfatto Gianni, “avevamo sei nuovi ragazzi iscritti in associazione, che con la propria bicicletta facevano i postini di mascherine e non di raccomandate”. Per la serie “niente è impossibile”.

Visti i risultati, Gianni Mameli ci riprova, con un invito più semplice e a portata di tutti: “Venite in piazza Eleonora domenica 11 ottobre per la campagna di sensibilizzazione e informazione Io non rischio 2020“.

Mercoledì, 30 settembre 2020

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