Il Covid-19 ha cambiato il mondo del lavoro. Se prima della pandemia lo smart working non era nemmeno contemplato dalla maggior parte delle aziende, oggi il lavoro da casa è sempre più diffuso. E c’è chi, per esempio, ha lavorato da remoto anche sei mesi di fila.
Ilaria Aresu, venticinquenne oristanese laureata in Management alla Bocconi, lavora da tempo a Milano nel settore assicurativo. A febbraio, una settimana prima della Sartiglia, era tornata in Sardegna per il carnevale. Proprio in quei giorni l’Italia affrontava la prima grande ondata di contagi. Domenica 23 febbraio in città si correva la Sartiglia del gremio di San Giovanni, e in Lombardia invece Codogno diventava zona rossa.
La società di consulenza per cui Aresu lavorava ha sposato subito lo smart working. Così la giovane sarda ha preferito non fare ritorno a Milano. “Sì, sono rimasta a Oristano”, racconta, “sono stata molto fortunata. I primi mesi non sono stati facili, ma ero felice perché al mio fianco c’erano i miei familiari”.
Era abituata ad andare in ufficio dal lunedì al venerdì, tutto però è cambiato all’improvviso. “Lavorare da casa”, continua Aresu, “è stata un’esperienza nuova. In passato mi era capitato di fare qualche giorno di lavoro da remoto, da febbraio a luglio invece è diventata la mia routine”. Lo smart working ha tanti pro, ma anche qualche svantaggio. “Ho notato un miglioramento negli equilibri tra la vita privata e il lavoro”, spiega, “tra i contro invece dico la monotonia. Ero abituata a viaggiare per lavoro e a confrontarmi con tanti colleghi, questi aspetti mi sono mancati”.
A fine agosto Aresu è tornata a Milano: “Ho cambiato azienda, oggi sono dipendente di una compagnia assicurativa che mi ha chiesto di lavorare in ufficio”. Non ha però ritrovato la città che ricordava. “Milano è molto più vuota rispetto a quella che avevo lasciato a febbraio”, racconta la venticinquenne.
Lasciare l’isola non è stato semplice: “Sono andata via soltanto pochi giorni fa”, conclude Aresu, “ma la Sardegna mi manca già. Mi mancano il mare e le passeggiate all’aria aperta. Trascorrere qualche mese a casa mi ha permesso di ricaricare le batterie e vivere esperienze uniche nel fine settimana. In futuro mi piacerebbe tornare più spesso, magari proprio grazie allo smart working”.
Giovedì, 10 settembre 2020
Intitolerei l’articolo “La scoperta dell’acqua calda”… migliaia di persone hanno lavorato da casa e casualmente fate un articolo in seguito a quello più che meritato del fratello della signorina Aresu… Che casualità!
Leggendo non trovo l’articolo interessante … migliaia di persone hanno lavorato da casa… ma nessuno scalpore.