Mauro Abbate, l’atleta oristanese e la prima persona a raggiungere Capo Nord con un triathlon di 7000km, non si è mai fermato. All’inizio dell’emergenza sanitaria, ha deciso di non tornare sull’Isola ma continuare a vivere all’estero, in Svizzera per poi, dopo diverse avventure e vicissitudini, fermarsi a Bruxelles e impegnarsi a 360° in un progetto umanitario: aiutare i senzatetto.
Ma non finisce qui. Per l’autunno, c’è una nuova sfida sportiva che lo attende: 600 chilometri di corsa no stop attraverso tutta la Svizzera.
L’ultima volta che gli oristanesi hanno incontrato Mauro Abbate, in città, è stato a fine dicembre, al Teatro San Martino, dove l’atleta si è raccontato facendo il suo personale resoconto di viaggi estremi e sfide difficili da superare. Da febbraio però, ha deciso di ripartire di nuovo e andare alla ricerca di altre avventure.
“Sono partito in bici a febbraio da Trento”, racconta Mauro Abbate, “ho attraversato il Passo del Brennero sotto la neve, per poi arrivare a Innsbruck. Tutto questo in pieno inverno, addirittura mi sono preso una nevicata proprio mentre scendevo dal Passo”.
“Da qui”, prosegue sempre Abbate, “sono arrivato in Germania per poi rientrare in Svizzera; a seguire Basilea fino ad arrivare a Berna, nel centro delle Alpi svizzere. In tutto questo periodo, giravo sia in bici sia a piedi affrontando freddo, neve e pioggia”. Ma un ostacolo più grande ha rischiato di fermare anche lui: il coronavirus.
“Verso fine febbraio a inizio pandemia, mentre in Italia si iniziavano a registrare i primi casi, qui in Svizzera stavano bloccando tutti i confini per via dell’emergenza sanitaria”, spiega Mauro Abbate. “Avevo due scelte non facili da prendere, entrambe non troppo allettanti: la prima, tornare in Sardegna e fare la quarantena stando chiuso in casa, oppure restare in Svizzera, praticamente da solo, senza connessione telefonica. Ho scelto la seconda opzione”.
Una scelta difficile, ma la sorte è venuta incontro al giovane atleta. “Un anno fa”, spiega infatti Mauro Abbate, “avevo ospitato un amico in Sardegna, che viveva a Basilea e che per mia fortuna mi ha contattato al momento giusto e chiesto se volevo essere suo ospite. Da lì ho poi fatto “scambio di casa” – ovvero io ti offro un mese a casa mia e tu viceversa – con un’amica. Dopo sono andato a vivere in uno “squat”, una casa abbandonata usata dai giovani gratuitamente”.
Qui la sorte è stata invece meno favorevole. “Ho saputo da un giorno all’altro che dovevo abbandonare quell’alloggio così comodo dove avevo conosciuto tante persone. La mia salvezza è stata incontrare per caso quello che ora è un amico, un senzatetto. Dormiva in strada, con un semplice sacco a pelo, per scelta da ben tredici anni. Ci siamo conosciuti, mi ha offerto da mangiare e appunto siamo diventati amici”.
Da questa situazione estrema, arriva l’intuizione per Mauro Abbate: “In quel momento iniziavo a capire quale fosse davvero la mia missione di vita: aiutare i meno fortunati, i senzatetto, forte anche della mia esperienza dove anch’io ero senza una dimora, dall’oggi al domani”.
“Molte persone senzatetto”, prosegue Abbate, “sono senza una casa non tanto per scelta ma per condizioni esterne o che la vita ha imposto loro. In questi mesi mi sono dedicato a loro; entro in relazione semplicemente tramite il dialogo e l’empatia. Con cautela mi avvicino e se vedo che sono ben disposti a parlare, inizio a chiedergli come va, sorrido, e poi instauro un legame. Un po’ come quando sono in viaggio e conosco le persone. Infine chiedo come posso aiutarli, non offrendo però dei soldi. Per esperienza, non serve a nulla tanto dare una banconota e poi lasciarli lì dove sono”.
Dopo il periodo in Svizzera, Mauro Abbate si è spostato ad Amsterdam dove è stato per un mese, arrivandoci sempre sulla sua amata bici seguendo il Reno, senza carta di credito, perché persa, e con solo una quarantina di euro in tasca.
“Ero comunque tranquillo”, spiega sempre Mauro, “ho vissuto alla fine di riciclo e scambio: negozi alimentari e locali che a fine giornata mi davano da mangiare quello che avanzava dal giorno per non buttarlo. Per me andava bene così. Alla fine, per vivere, hai bisogno in primis di cibo. Vivo quindi a costo zero da qualche mese ormai. E’ una figata”.
“Ad Amsterdam ho conosciuto un sacco di gente”, prosegue Mauro Abbate, “due amicizie che sono ormai due colonne portanti per me, al pari di due fratelli: un mago di strada che viene dal Canada e vive 14 anni qui, e l’altro di Manchester, un senzatetto che ha perso il lavoro a causa del Covid e che ora pratica l’ “urban camping”, ovvero alloggia in posti semi sicuri, nascosti, magari nei bar chiusi, o lungo il porto”.
Ad Amsterdam Mauro Abbate, ha cambiato diversi alloggi, finendo addirittura per caso in un appartamento tutto per lui, a cinque minuti dal parco Vondelpark, uno dei miei posti preferiti della città, e solo grazie agli incontri casuali con le persone che incontrava durante il giorno.
Fino ad organizzare qui il suo primo incontro pubblico “Un evento”, spiega Mauro Abbate, “dove ho raccontato la mia storia. E’ stata una bellissima esperienza”.
Altro giro, altra corsa: dopo un mese, Mauro Abbate ha preso di nuovo la sua bici, per andare prima a Rotterdam e poi infine a Bruxelles, dove si trova ora e dove vive in tenda nel giardino di un’amica.
Ed è da questa città europea che il progetto solidale di Mauro Abbate a favore dei senzatetto ha preso una forma più concreta: “Ci sono tante persone qui senza una dimora che vivono per strada. Ad esempio, da poco, alle sette del mattino ho incontrato una donna di sessant’anni nella piazza centrale a Bruxelles. Abbiamo chiacchierato insieme: la sua famiglia si trova in Danimarca e non si prende troppa cura di lei, che ha anche diverse malattie. In più è isolata da loro, non avendo neanche un telefono. Dopo aver pranzato insieme e chiacchierato un po’, oltre alla semplice compagnia di cui lei aveva tanto bisogno le ho anche regalato un telefono. Spero stia bene ora, ha il mio numero e quando vuole potrà contattarmi”.
Mauro Abbate ora lavora nel bar ristorante di una comunità dove svolge del volontariato. “Lì imparo a cucinare, miglioro il mio francese e conosco tanta gente. A breve farò anche qui un evento e racconterò la mia esperienza (in francese per la prima volta)”.
Ma non solo volontariato, aiuto ai senzatetto e comunicazione (ricordiamo che Mauro Abbate è un coach professionista, detto anche mental coach ). Il giovane atleta oristanese non ha mai smesso di allenarsi. Prossima sfida? Una corsa no stop. “
Mi alleno tutti i giorni con la corsa”, conclude infatti Mauro Abbate, “perché, salvo imprevisti, probabilmente quest’autunno, ho intenzione di fare 600 km no stop attraverso la Svizzera. Dal confine con l’Austria lungo il lago di Costanza, attraverso Zurigo, Basilea, Berna, Losanna e il traguardo a Ginevra. Perché? E’ il mio sogno ed è ciò che mi rende felice; ma anche per un altro scopo: spingere le persone a correre per prevenire la depressione. Muoversi fa sempre bene, e aiuta anche nei momenti bui e più difficili”.
Martedì, 28 luglio 2020
Tutto bene, ma cosa vuoi fare da grande?