Un viaggio oltre gli stereotipi di Oristano, con Giampiero Enna e “Il Golfo a semiluna”

La presentazione al Centro servizi culturali davanti a una sala piena

Giovedì, 21 novembre 2024

Una sala piena ha accolto Giampiero Enna, l’ex dirigente scolastico che ieri al Centro servizi culturali Unla ha presentato “Il Golfo a semiluna”, il suo nuovo libro dedicato alla storia, ai luoghi e ai personaggi di Oristano, oltre gli stereotipi .

A dialogare con l’autore la professoressa Sabrina Sanna e l’ex preside e scrittore Antonio Pinna, dopo l’introduzione del direttore dell’Unla, Marcello Marras. “L’incontro ha registrato oltre un centinaio di persone, indice del fatto che gli oristanesi sentono il bisogno di conoscere la storia della propria città e del territorio”, ha commentato Enna. “Il libro stesso nasce dal bisogno del protagonista – il cui nome rimane un mistero – di conoscere questa storia, ancora inedita: non si limita però a ricostruire un semplice albero genealogico di chi abitava il capoluogo e dintorni, ma vuole approfondire il ruolo nella comunità e come effettivamente vivevano nella Oristano del passato”.

Il libro si divide in due parti: la prima è una ricerca storico-documentale, mentre nella seconda, più letteraria, racconta i luoghi oristanesi attraverso gli occhi del protagonista.

Marcello Marras introduce l’incontro. Sul palco Sabrina Sanna, Giampiero Enna e Antonio Pinna

“Insieme a lui, impegnato nella ricerca storica, troviamo un vortice di personaggi, che ripercorrono le vicende che caratterizzano il passato dell’Isola, offrendo il proprio punto di vista, anche in maniera provocatoria. Uno di questi è l’amico Peppinettu, con il quale percorre in barca a vela le acque del Golfo di Oristano”, ha raccontato l’autore. “Il protagonista si concentra poi su una domanda: chi era Peppi Enna, personaggio al quale era stata dedicata l’attuale via Gialeto? Era consuetudine anche a Oristano dedicare delle strade a famiglie e persone importanti della città. Ma in questo caso nessuno sa dire chi potesse essere, se non un membro di una famiglia estremamente ricca vissuta tra il 1700 e il 1800”.

“Dall’archivio è emersa così una ricerca universitaria sulla famiglia Enna, con citato questo Giuseppe Ignazio Enna. Si scopre che si occupava del controllo dei pesi e le misure dei prodotti al mercato, un ruolo di estrema importanza all’epoca. Fu inoltre il promotore della Rivolta del grano del 1794 contro i ricchi possidenti, che stoccavano le sementi per rivenderlo a prezzo maggiorato in tempo di carestia. Si arriva poi al figlio Giovanni, che eredita le fortune di famiglia, le fa crescere e coltiva”.

“Emerge così una Oristano lontana dallo stereotipo che la vede lenta e indolente, grazie a questa élite di commercianti che l’hanno resa dinamica”, ha proseguito Enna. “Si arriva poi alla seconda parte del libro, nella quale si ripercorrono i luoghi – come stagni, zone umide e mari, nei quali amava pescare – dell’infanzia e l’adolescenza del protagonista, che li scopre cambiati”.

Il pubblico presente in sala

“Si assiste quindi nel protagonista a un senso di dolore: sottolineo dolore, non nostalgia. Perché la nostalgia si può provare solo quando ci allontaniamo dai luoghi, ma in questo caso sono questi ultimi che si sono allontanati da lui e dal loro passato, a causa dei cambiamenti nel corso del tempo, causati dall’uomo e dall’inquinamento, per esempio”, ha aggiunto Enna. “Dopo una crescita interiore, il protagonista capisce però che non si può solo reagire con angoscia, ma si deve avere una risposta positiva, che ci spinga a tutelare l’ambiente stesso, trattandolo però da pari e convivente, senza un senso di accudimento, di cui la natura non necessita. Un esempio è il Parco fluviale del Tirso: il nostro fiume sarebbe un’ottima risorsa economica, ma purtroppo il progetto è naufragato. Ecco, il protagonista si chiede il perché”.

Il libro ci vuole guidare in un viaggio nella Oristano di oggi e ieri. “La città e il suo territorio hanno ancora molte meraviglie da raccontare e una storia che può ancora rivelare molto, demolendo stereotipi che vogliono l’oristanese molto lento”, ha concluso l’autore. “Proprio come il protagonista, dobbiamo ragionare su quanto il territorio abbia ancora da offrire, nel suo pieno rispetto”.

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