Mercoledì, 8 novembre 2023
Danno rifugio per l’inverno a gru, cormorani, anatre, falchi pescatori, uccelli trampolieri e i fenicotteri rosa, ormai diventati di casa. Estese su oltre 6000 ettari, rappresentano quasi la metà di tutte quelle sarde: le zone umide dell’Oristanese sono un patrimonio ambientale inestimabile. Sono legate a doppio filo con le comunità del territorio e offrono la possibilità di osservare specie alate affascinanti.
Ricche di biodiversità, passeggiare e osservare il panorama tra le loro sponde profumate da flora unica nel suo genere, nelle quali risuonano i versi degli uccelli, è un’esperienza alla quale non si può rinunciare, che saprà affascinare anche i più esperti con scorci inediti.
Gli stagni di San Vero Milis
Il viaggio alla scoperta di questi paradisi naturali parte con gli stagni Salina Manna e Pauli Marigosa, di cui il primo affacciato su Putzu Idu, spiaggia di San Vero Milis dalla candida sabbia fine come la farina, mentre l’altro sulla spiaggia di Sa Marigosa, sulla strada che collega Sa Rocca Tunda a Su Pallosu.
Sono nati da un braccio di mare rimasto intrappolato con i processi geologici che hanno portato al collegamento di Capo Mannu alla terraferma e sono i più estesi della zona e hanno una profondità di 40 centimetri al pieno della loro capacità.
Privi di immissari di acqua dolce, presentano una salinità elevata d’estate e vedono sulle loro sponde la crescita di salicornia, giunchi e cannette di palude, tra le quali trovano dimora non solo uccelli come martin pescatori, sterne, fraticelli e falchi, ma anche rane e lucertole.
Non molto distante, si può fare tappa nel piccolo stagno di Sa Mesa Longa, spiaggia famosa per la sua tavola di pietra posta in mezzo al mare, che la rende una piscina naturale: completamente prosciugato d’estate, si suppone possa essere un sito di nidificazione del fratino, il piccolo trampoliere delle spiagge italiane. È raggiungibile facilmente dalla strada sterrata che porta alla spiaggia collegata alla ex strada provinciale 10.
Affacciato sulla ex strada provinciale 10, Sale Porcus è lo stagno temporaneo più esteso della Sardegna da ben 330 ettari. Il fondo argilloso permette il ristagno dell’acqua durante le stagioni delle piogge ed emerge invece nelle torride estati, mostrandosi come una sterminata distesa bianca.
Lo stagno – di proprietà demaniale – ha una profondità di un metro, al massimo della sua capacità. Al suo interno si trovano tre isolotti sulle cui sponde cresce la salicornia e qualche rado cespuglio di macchia mediterranea nella parte più interna. Osservare le specie a Sale Porcus è una missione silenziosa: la zona, infatti, è molto povera di vegetazione e lascia l’osservatore scoperto.
Lo stagno di Sale Porcus dà rifugio a quello che ormai è il principe delle sue acque: il fenicottero, che trae il suo sostentamento da piccoli crostacei e alghe. Durante la stagione più rigida, accanto al piumaggio rosa di questi affascinanti uccelli, si potrà notare quello grigio delle gru di rientro da una giornata passata a cercare cibo tra campi e pascoli non lontani.
Oltre ad altre specie quali avocette, volpoche e cavalieri d’Italia, lo stagno di Sale Porcus accoglie numerose coppie nidificatrici di gabbiano roseo, sterna comune e sterna zampenere su uno dei suoi isolotti, e degli occhioni, falchi pellegrini e ghiandaie marine attorno all’ora del tramonto.
Ricco di tradizione e bellezza, il territorio di San Vero Milis comprende numerose spiagge uniche nel suo genere: insieme a Sa Mesa Longa e Putzu Idu, sono imperdibili Is Arenas, Sa Rocca Tunda, S’Arena Scoada, Su Pallosu e le calette di Scal’e Scali. A queste si aggiungono le imponenti falesie di Capo Mannu e Su Tingiosu, meta ambita dai surfisti.
Lasciandosi alle spalle la costa, si può fare tappa al centro abitato di San Vero Milis. Famoso per l’arte dell’intreccio, stupisce con i suoi siti archeologici, tra i quali spicca il nuraghe S’Urachi, uno dei maggiori della Sardegna.
Le zone umide di Cabras
Affacciata sulle acque del Golfo di Oristano con il quale comunica, la laguna di Mistras è raggiungibile dalla Strada Provinciale 6 e risulta di proprietà privata.
È una distesa d’acqua salmastra che si può ammirare tutto l’anno. Abitata anch’essa da fenicotteri, offre una dimora anche ad altre specie molto interessanti, che potranno essere osservate con tanta attenzione e pazienza.
Oltre ai cormorani, che utilizzano gli isolotti dello stagno come dormitorio, in inverno e in estate è il falco pescatore a mostrarsi all’occhio più attento. Un altro inquilino degli isolotti è il gabbiano reale, mentre più difficile da individuare è senza dubbio il gufo di palude, migratore che conduce una vita pressoché solitaria.
Se si scegli di fare tappa nella laguna in primavera, si potranno vedere i cespugli di macchia mediterranea e i giunchi brulicare di vita con lo zampettio dei calandri, i cardellini, i staltimpali, i fanelli e le sterpazzole sarde.
Inoltrandosi nella laguna, tra il canto del beccamoschino e lo strillozzo, aguzzando un po’ la vista, si potranno forse notare mimetizzati con il fango i piovanelli pancianera e comuni, i gambecchi e i corrieri grossi.
Proseguendo sulla Provinciale 6 e dunque imboccando la Strada Provinciale 58 si giunge allo stagno di Cabras, di proprietà demaniale e dato in concessione al Consorzio Pontis che riunisce le locali cooperative di pescatori. Ben più famoso per le sue dimensioni e la sua lunga tradizione di pesca, bagna l’omonimo centro ed è lo stagno d’acqua dolce più esteso della Sardegna. Dalla caratteristica forma a “papera”, copre un quinto del territorio cabrarese per un totale di oltre 2200 ettari.
Nonostante il fascino delle sue sponde e la ricchezza di muggini, sono le pauli, ovvero i piccoli specchi d’acqua circostanti, poco frequentati dall’uomo ad attirare numerose specie e affascinare con la loro biodiversità.
Da Mare ‘e Pauli a Su Sali nella parte est, fino a Pauli Trottas, Istai e gli altri nella zona ovest, gli appassionati di turismo naturalistico potranno scoprire habitat incontaminati.
Finito l’inverno, è Pauli ‘e Sali a rivelare un curioso segreto: l’abbassamento delle sue acque con l’arrivo della primavera, porta alla luce le ramificazioni calcaree dei tubicini prodotti dalla marcierella enigmatica, un verme acquatico. In natura nulla viene sprecato ed ecco che queste strutture vengono utilizzate da diversi uccelli, i cavalieri d’Italia, le avocette, le sterne e i fraticelli come nidi.
Mentre in inverno a farla da padrona è l’oca selvatica, in estate, insieme ad aironi e piccoli uccelli del fango, tornano i fenicotteri rosa e le spatole.
Lo stagno di Cabras è al centro dell’economia del paese, poiché ancora oggi fonte di sostentamento per molti membri della comunità. Lo sfruttamento delle sue acque prolifiche, ha costruito una ricca tradizione gastronomica e culturale legata alla pesca.
La bottarga di muggine, considerata l’oro di Cabras, è uno dei prodotti di punta di tutta la Sardegna e viene impiegata non solo negli agriturismo per i piatti tipici, ma anche nei ristoranti stellati più raffinati.
Per celebrare questa preziosa regina della tavola, ogni anno a Cabras viene organizzato il Festival della Bottarga, che da semplice sagra è diventato un evento sempre più ricco, grazie alla presenza di numerosi chef di grande talento.
Un altro piatto legato a doppio filo con le acque dello stagno e facente parte della cosiddetta “cucina povera”, è sa merca: consumata anche dagli antichi abitanti di Tharros, si tratta di una pietanza a base di muggini lessati in acqua salata e avvolti nella ziba o obione, una varietà di salicornia endemica dello stagno. Grazie a questo tipo di cottura, il pesce poteva essere conservato per giorni e settimane.
Oltre che con le sue ricchezze gastronomiche, Cabras stupisce con bellezze tradizioni coste dalle acque cristalline, archeologiche, tra le quali spiccano i le statue dei Giganti di Mont’e Prama, custodite al Museo archeologico “Giovanni Marongiu”.
Il visitatore può fare tappa ai mari di Cabras, come Is Arutas, Mari Ermi, Maimoni e San Giovanni, dove di potrà fare visita all’antico villaggio di Tharros, un autentico museo a cielo aperto. Inserita all’interno dell’area marina protetta del Sinis, imperdibile la tappa all’Isola di Mal di Ventre.
Un sosta lungo la strada per Is Arutas, porterà alla scoperta del piccolo villaggio di San Salvatore, che dopo un passato come set per film western, ogni anno si anima con la festa dedicata all’omonimo santo e la Corsa degli Scalzi.
Lo stagno di Santa Giusta
Terzo stagno più grande della Sardegna con ben 790 ettari d’estensione, lo stagno di Santa Giusta presenta una forma quasi circolare con acque salmastre perenni dalla profondità massima di 1,5 metri ed è inserito nell’elenco dei siti d’interesse dalla Comunità europea. È di proprietà demaniale, ma in concessione alla Cooperativa Pescatori Santa Giusta.
Fa da dimora a diverse specie, tra le quali il germano reale, il tuffetto, l’airone cinerino e i gabbiani comuni.
Le pauli circostanti – Pauli Figu e Pauli Majori – ogni anno accolgono comunità di fenicotteri, che spesso si spostano anche nelle acque dello stagno, ricche di muggini, anguille e granchi.
Come nel caso di Cabras, anche Santa Giusta è particolarmente legata al suo specchio d’acqua: a ricordare questo indissolubile connessione è la costruzione di caratteristiche imbarcazioni da pesca, is fassois, protagonisti della regata estiva.
Sorta sull’antica Othoca, il centro abitato custodisce la basilica di Santa Giusta, gioiello del romanico sardo che stupisce con la sua imponenza e bellezza.
Le zone umide di Arborea
Lasciandosi alle spalle lo stagno di Santa Giusta, il viaggio tra le zone umide fa tappa ad Arborea, a S’Ena Arrubia, sorvegliata dalla severa architettura razionalista dell’idrovora di Sassu: in concessione a una cooperativa di pescatori, si può osservare direttamente dalla Strada Provinciale 49.
Nato dalla bonifica e conseguente riduzione del grande stagno di Sassu, S’Ena Arrubia copre una superficie di 200 ettari e presenta delle acque salmastre. “Se fino agli anni ‘80 l’acqua era dolce perché alimentata dal canale Sant’Anna e l’idrovora, l’apertura del canale a mare ha reso le sue acque salmastre, cambiando completamente il paesaggio”, ha spiegato Gabriele Pinna, delegato provinciale della Lipu di Oristano.
Le cannette di palude e i giunchi hanno lasciato spazio alla salicornia, mentre sterne comuni, garzette, gabbiani, aironi guardabuoi e mignattai hanno trovato posto sostituendo specie quali il falco di palude e il pollo sultano.
Oltre ai fenicotteri, intenti a stare in equilibrio sulle loro delicate zampe, si possono osservare, durante il periodo delle migrazioni, i falchi pescatori. Nel vicino specchio d’acqua denominato Zrugu Trottu, a nidificare sono invece la volpoca, il fistione turco, il gabbiano roseo e il cavaliere d’Italia.
“Se lo stagno di S’Ena Arrubia presenta ormai un ambiente salmastro, si può osservare un paesaggio con caratteristiche d’acqua dolce nel lungo e ampio canale del Diversivo di Sant’Anna”, ha aggiunto Pinna. “Le due aree risultano ormai complementari e sono ecosistemi di estrema importanza”.
Tra la fitta vegetazione di cannette e tifeto si potranno osservare le nidificazioni di airone rosso, svasso maggiore, moretta tabaccata, pollo sultano e numerose specie di passeri. L’area è inoltre utilizzata dall’airone bianco maggiore come area di svernamento.
Città di fondazione, nata solamente negli anni ’20 grazie alle bonifiche dei territori che oggi occupa, Arborea è un grazioso centro ricco di architetture di stile padano e razionaliste. Passeggiando tra le sue vie, non si può non rimanere affascinati dagli edifici, così differenti rispetto a quelli che si possono trovare nel resto dell’Isola.
Centro agricolo fiore all’occhiello dell’economia sarda, oltre ai suoi stagni Arborea presenta altre due bellezze naturalistiche: la lunga spiaggia di ben 9 chilometri e la vicina pineta.
Gli stagni di Terralba
A circa 9 chilometri da Arborea e seguendo le indicazioni per Marceddì, si può fare tappa al complesso dello stagno costiero di San Giovanni e alla laguna di Marceddì, entrambi comunicanti e in concessione al Consorzio Cooperative riunite della Pesca di Marceddì.
A monte, il bacino è bagnato dalle acque dolci dei corsi d’acqua di Flumini Mannu, Rio Mogoro e Rio Sitzerri, che si immettono nello stagno di San Giovanni.
In questi specchi d’acqua dolce non è difficile trovare polli sultani, anatidi, oche e ardeidi, mentre nelle zone più salmastre la fanno da padroni fenicotteri, volpoche, cavalieri d’Italia e i limicoli, durante le migrazioni. Lungo la spiaggia si possono ammirare voltapietre e beccacce di mare.
Diverse anche le specie di flora osservabili: se nelle acque dolci si trovano ruppie, ulve e posidonie, con l’aumentare della salinità spuntano salicornie e giunchi.
Borgata lagunare di Terralba, Marceddì offre riparo anche a un’altra specie vegetale molto caratteristica: le orchidee spontanee e i loro rari ibridi. Protette da un Giardino inaugurato nel 2015, possono essere ammirate durante il loro periodo di fioritura, in primavera, in percorsi sapientemente studiati e indicati da cartelli informativi.
Un’altra attrazione imperdibile di Marceddì, è senz’altro la torre affacciata sulla laguna, facente parte del sistema difensivo del dominio spagnolo nel Golfo di Oristano. Dopo Ferragosto il borgo di pescatori, nel quale si può visitare il Museo del Mare, si anima con la festa della Madonna di Bonaria e la suggestiva processione in barca.
Spostandosi a Terralba, si potrà visitare la cattedrale di di San Pietro, nella quale sono presenti i capitelli provenienti dall’antica città fenicia – e poi romana e bizantina – di Neapolis. È possibile scoprire la storia di Terralba attraverso le sale del museo archeologico “Eliseo, in piazza Pauli Piscus.
Una laguna per quattro comuni
Appartenente ai territori comunali di Arborea e Terralba, così come a Guspini (qui le sue bellezze) e Arbus (qui un viaggio virtuale), la laguna di Corru S’Ittiri è famosa per l’allevamento di cozze, vongole, muggini e spigole e ricade attualmente sotto la proprietà della Regione Sardegna, ma la gestione del Consorzio Cooperative riunite della Pesca di Marceddì.
Con un’estensione di 150 ettari, è una lunga insenatura parallela alla costa le cui acque sono alimentate da dei canali artificiali di scolo, che la riforniscono di acqua piovana. La laguna comunica inoltre con il mare grazie a due aperture, di cui una comunicante con lo stagno di Corru Mannu.
Il livello di salinità dipende dunque dalla zona: quella più interna presenta acque più dolci nelle quali crescono rigogliosi dei canneti, mentre avvinandosi al mare si passa dai giunchi fino alla caratteristica salicornia.
Di conseguenza anche i volatili variano a seconda dell’area, con anatre, aironi e svassi nella acque più dolci, fino a fenicotteri, gabbiani e sterne amanti dell’acqua salmastra.
Stando seduti in macchina sulla strada sterrata che costeggia gli specchi d’acqua, è possibile ammirare a distanza ravvicinata la biodiversità che abita la zona senza arrecare disturbo.
A primavera inoltrata, i piccoli isolotti disseminati per la laguna si ricoprono di salicornia e obione, dando rifugio alle coppie nidificatrici di gabbiani comuni e reali, sterne, fraticelli e volpoche. Prestando attenzione, si potranno inoltre osservare chiurli maggiori, voltapietre, beccapesci e fratini.
Osservare con rispetto
Passeggiando tra le zone umide, non si potrà non ammirare la natura incontaminata che le contraddistingue: è importante però ricordare quanto sia necessario proteggerla, evitando comportamenti dannosi e distruttivi.
Oltre che a quella della natura, è essenziale prestare attenzione anche alla propria incolumità. Il terreno delle zone umide risulta spesso fangoso, quindi è importante evitare di inoltrarsi con l’automobile o a piedi senza conoscere il territorio, specie nel periodo delle piogge.
[ Progetto realizzato in collaborazione con l’Assessorato al Turismo della Regione Sardegna ]