Dalla Sardegna all’Antartide: Andrea Satta e Marco Buttu raccontano la vita tra i ghiacci

Stasera al "Mossa" un incontro organizzato dal CAI di Oristano e dal WWF

Il cabrarese Andrea Satta in posa con il cartello per Cabras – Foto del CAI

Venerdì, 26 maggio 2023

Una serata alla scoperta dell’Antartide attraverso le testimonianze degli scienziati Andrea Satta (di Cabras) e Marco Buttu (originario di Gavoi) con il terzo incontro di “Contus”, la rassegna di racconti nata dalla collaborazione tra il Club Alpino Italiano di Oristano e il WWF. L’appuntamento è per questa sera alle 20:30 presso l’auditorium dell’Istituto iecnico “Lorenzo Mossa” di Oristano.

Nel corso dell’incontro Marco Buttu, dell’Istituto nazionale di astrofisica (INAF) di Cagliari, e Andrea Satta, del CNR di Oristano, racconteranno che cosa significhi vivere per mesi al centro dell’Antartide nel più completo isolamento, alla luce di un sole estivo che non tramonta mai o nel buio della notte lunga 9 mesi, illuminata dai miliardi di stelle del cielo e da spettacolari aurore boreali.

La base Concordia in Antartide – Foto Marco Buttu (c) PNRA & IPEV

Con quattro missioni nella base Concordia alle spalle, Andrea Satta ha voluto portare un pezzo di Sardegna nella terra dei ghiacci: grazie a lui nel continente più a sud del mondo, a 3400 metri di altitudine, c’è una freccia con la scritta “Cabras, terra dei Giganti”, che punta al paese del Sinis, distante ben 15 mila chilometri.

A dare il titolo alla serata è il libro di Buttu “Marte Bianco. Nel cuore dell’Antartide. Un anno ai confini della vita”, nel quale lo scienziato racconta i 13 mesi trascorsi nella base Concordia, nata dal Programma nazionale di ricerche in Antartide (Pnra) e dal programma francese di ricerca polare (Ipev). L’opera sarà presentata nel corso dell’incontro.

Marco Buttu – Foto Marco Buttu (c) PNRA & IPEV

Con i ghiacci a coprire la quasi totalità della sua superficie, l’Antartide è la più grande riserva d’acqua dolce del mondo, nonché la terra più isolata, circondata da oceani mossi da onde alte come palazzi, e quella più fredda, con temperature che possono arrivare a – 80°.

In questo ambiente ostile, nella base italo-francese, un piccolo gruppo di persone compie ricerche scientifiche. Concordia si trova nel sito Dome-C, una una sterminata distesa di ghiaccio dove a 3.000 metri di quota, con aria rarefatta come se ci si trovasse a 4.000 metri, svolgono attività 12 fra ricercatori e tecnici: sei italiani, cinque francesi e un’austriaca.

I ricercatori della base Concordia durante il solstizio – Foto del CAI

All’esterno degli edifici c’è carenza di ossigeno e l’aria è così secca che anche le più piccole ferite impiegano mesi a rimarginarsi. Non ci sono piante, animali e nemmeno batteri, mancano i colori e i profumi e per cento giorni sparisce anche il sole. E un errore banale può costare la vita, perché se capita un incidente nessuno può venire in soccorso.

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