Martedì, 28 marzo 2023
Il Comune di Oristano prova a mettere una toppa sulla complicata situazione delle residenze realizzate nell’ex Hotel Ca.Ma, senza cambio di destinazione d’uso e quindi con volumetrie totalmente sballate, al centro di una vicenda giudiziaria. La soluzione, tuttavia, non sembra essere semplice.
Ne discuterà martedì prossimo la Commissione urbanistica, presieduta dal Consigliere Fulvio Deriu, che analizzerà le piante dell’edificio.
Tre le ipotesi al vaglio, in alternativa alla demolizione. E solo una potrebbe permettere alle famiglie che hanno acquistato gli appartamenti di non finire in mezzo a una strada. “Il Comune deve dichiarare se acquisirla e laddove lo faccia se destinarla a edilizia economico popolare, housing sociale o ricavarne uffici pubblici”, spiega il presidente Deriu, che ha precisato si agirà seguendo “l’interesse pubblico prevalente”.
Nel caso la struttura dovesse essere destinata all’edilizia economico popolare, la graduatoria dovrebbe procedere sulla base dei requisiti di legge per il sovraffollamento e non si potrebbero effettuare “salti”: “Se gli attuali proprietari non fossero in graduatoria, dovrebbero comunque uscire da casa”.
Anche in caso acquisizione per la trasformazione della struttura di via Vittorio Veneto in uffici pubblici, non ci sarebbe possibilità per i proprietari di mantenere la propria casa: “È una soluzione che io non prediligo”, ha precisato Deriu.
Potrebbe, invece, correre in loro soccorso un regolamento comunale redatto nel caso in cui la destinazione scelta per la struttura di via Vittorio Veneto fosse quella dell’housing sociale: “In questo caso si valuterà se la legge ci consente spazi discrezionali, oltre i requisiti minimi per poter favorire le persone che hanno investito denari e si trovano in una situazione di grave disagio ed evitare che perdano l’abitazione”, precisa Fulvio Deriu.
“È tutto in una fase molto embrionale”, sottolinea il consigliere Deriu.
La complicata vicenda dell’ex Hotel Ca.Ma risale al 2016, quando la struttura fu sequestrata per abuso edilizio, dopo un esposto presentato dall’ex proprietario. Il costruttore, l’architetto Giovanni Lochi, che aveva acquistato lo stabile nel 2007, era finito nel registro degli indagati per aver costruito su una volumetria della quale non era proprietario. Nel 2017 era arrivata la condanna a nove mesi, con pena sospesa. Il giudice aveva anche disposto la demolizione di quanto realizzato in modo illegittimo e il dissequestro del manufatto.