
Lunedì, 21 dicembre 2020
A cura di don Antonio Pinna, cappellano della Comunità di vita contemplativa delle Servidoras del Señor y de la Virgen de Matará
Anche quest’anno, nella chiesa delle Cappuccine di Oristano la novena di Natale è in sardo. Fino a giovedì 24 dicembre, alle ore 18 risuonerà il Regem venturum Dóminum della tradizione. Il canto è accompagnato dalle voci di una sorella venuta dal Brasile, quattro venute dall’Argentina, una dall’Egitto, due dall’Italia. Nessuna di loro, fino allo scorso anno, aveva mai sentito parlare di lingua sarda.
Le religiose, Sorelle Servidoras del Señor y de la Virgen de Matará, si propongono di “evangelizzare le culture” e tenere viva la fede nei territori in cui sono inviate come “missionarie”. Secondo le parole di san Giovanni Paolo II, i cui insegnamenti sono tra le principali fonti ispiratrici della loro famiglia religiosa, l’evangelizzazione presuppone una “fede inculturata”, cioè un annuncio di Gesù “innestato” nelle speranze e nella linfa vitale dei popoli.
Il termine “innesto” è quello usato dal Concilio Plenario Sardo, timoroso di utilizzare nel 2001 il termine “inculturazione”, che già nel 1979 san Giovanni Paolo II aveva usato per la prima volta in un documento della Chiesa. Forse un certo timore resta ancora nel nostro territorio, nonostante le insistenze di papa Francesco sulla fede espressa in lingua materna, e nonostante il suo recente documento che delega ai vescovi locali l’approvazione delle traduzioni liturgiche.
“Ma a cosa serve tradurre la bibbia in sardo?”, si sente spesso dire. La risposta è che serve a Dio, e gli serve per noi. Perché finché Dio non parla anche la nostra lingua, non ha ancora detto tutto in tutti i toni. Lo potrà confermare chi ascolterà o canterà in sardo i testi tradizionali, rimasti in latino nella memoria di molti, ma anche alcuni canti nuovi, composti da Piero Marras su parole di Mario Puddu.
Quest’anno, le circostanze imporranno delle restrizioni sul numero dei partecipanti (limitato a 32 dalle regole di distanza), e per i momenti di canto. Ma non potrà mancare il canto del Babbu nostru, composto da Piero Marras sul tema del Pater Noster gregoriano, che rispetta le parole liturgiche e include il canto dell’embolismo (Libberanos dae male) e l’acclamazione “A tie su regnu e sa glória semper in eternu”.
L’invito è quindi di partecipare a uno scambio di esperienza e di annuncio di fede con le Sorelle Servidoras, “venute” anch’esse, come il Signore, a visitarci nella nostra terra, costruendo con loro una comunità capace di celebrare, in tutte le lingue, le lodi del Signore, nell’unica Famiglia del Verbo Incarnato, che è anche il titolo della loro grande famiglia religiosa.