Tra Candelora e Sartiglia: quest’anno tanti ricordi e molte speranze

Un articolo di Giampiero Enna

I ceri della Candelora – Fondazione Oristano

Lunedì, 1° febbraio 2021

Di Giampiero Enna

Quest’anno la Sartiglia non ci sarà. Come in tempo di guerra, si è provato a salvare almeno la benedizione de su componidori, nel rispetto delle restrizioni imposte dalla pandemia, ma non è stato possibile. Sono state però confermate le celebrazioni dei gremi per la Candelora. 

Non resta che immaginare di partecipare alla benedizione dei ceri, all’investitura dei componidoris e alla Sartiglia, così come da secoli fanno gli oristanesi. 

Il 2 febbraio, durante la notte, un vento gelido è sceso sulla piana dalle cime ghiacciate dei monti dell’interno, penetrando nelle strade e nei viottoli della città, fra le ombre scure e i muri delle case. Dopo le abbondanti piogge, le campagne sono inondate dall’acqua. Gli animali, accovacciati nella paglia, sentono il nuovo giorno arrivare. L’alba è accompagnata dal viavai furtivo di persone affaccendate e in agitazione, che tradisce la preparazione di qualcosa di importante: i rappresentanti dei gremi si recano nelle rispettive chiese per la messa ‘e sa Candelora.

Il cielo limpido al mattino, la luce radente sulla campagna, l’erba piegata sotto il peso di piccole gocce di rugiada fanno da sfondo e accompagnano  l’emozione  per la ricorrenza che unisce e trascende tutti. Nella chiesa di Santu  Giuanni ‘e Froris il gremio dei contadini, in Cattedrale quello dei falegnami, e, da qualche anno, nella chiesa di Santa Lucia, il gremio dei muratori assistono ai riti religiosi.

I ceri vengono benedetti e distribuiti ai soci, ai familiari, alle autorità. Il più grande dei ceri, decorato con fiori e ornato di nastri, è riservato a su componidori. Al termine dei riti, s’oberaiu majore per i contadini, su majorale en cabo per i falegnami, accompagnati dai componenti di ciascun gremio, si recano a casa dei rispettivi componidoris, comunicando così alla città i nomi di coloro che condurranno la Sartiglia della domenica e del martedì di carnevale.

Santu Giuanni t’aggiudit!” sarà l’invocazione dei contadini rivolta a su componidori, “Santu Giuseppi t’assistat!” quella dei falegnami. Il tintinnio dei bicchieri, il profumo dei dolci di mandorle, gli auguri, il rullo dei tamburi e lo squillo delle trombe si uniscono alle emozioni che segnano il volto commosso dei componidoris.

Nelle abitazioni, intanto, le donne cuciono i costumi e preparano le rosette. Dal chiuso delle case ci si trasferisce nelle stalle, dove i cavalli vengono ripuliti. I decani raccontano le imprese di cavalli e cavalieri delle precedenti giostre, le comari si mettono sedute in cerchio per cucire o per preparare le bardature dei cavalli.

Là fuori la natura prende vita. Nelle paludi intorno alla città gli uccelli si levano in volo per cercare nutrimento e si preparano ai nuovi corteggiamenti. Nei giardini delle case il profumo delle violette che  serviranno per la preparazione de sa Pipía ‘e maju  invade l’aria, ammaliandola con note di muschio. Le camelie, protette dai muretti di recinzione, sono già fiorite: quelle rosse, simbolo dell’amore, aspettano di essere colte e donate ai componidoris e alle persone care; quelle con i petali di colore bianco satinato, simbolo di stima, omaggeranno chi le riceverà. 

Quest’anno la Candelora e la Sartiglia le ricorderemo cosi, chiusi nelle nostre case, davanti alla tv o sul web. Non sarà possibile raggiungere le transenne di via Duomo, facendoci largo coi gomiti tra la folla, per vedere la corsa alla stella, o quelle di via Mazzini, per le pariglie. Ci mancheranno i coriandoli, il rullo dei tamburi, lo squillo delle trombe, la sfilata dei costumi e dei cavalli davanti alla torre di Mariano II, le pariglie che spuntano da su brociu. Non avremo la benedizione de su componidori

Per il futuro, se vogliamo prosperità, salute, speranza, se desideriamo abbondanza nella rigenerazione agraria, non basterà più prendere il maggior numero di  stelle in via Duomo, ma saranno necessari  maggior rispetto per la natura e tutte le sue creature e un rapporto di cura tra pari, senza sopraffazioni e ingiustizie.

Dedichiamo anche un solo pensiero alle tante persone che ci hanno lasciato a causa del Covid. Quando la pandemia finirà potremo nuovamente incontrarci e provare nuovamente commozione e meraviglia per la Sartiglia, così come le hanno provate le generazioni di oristanesi che ci hanno preceduto, con l’augurio di attrus annus mellus e cun saludi.

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